sabato 10 maggio 2014

PIANGERE PER COMUNICARE - di paola tranquillo




Maria (nome di fantasia) è un’adolescente, arriva da me perché piange sempre quando deve esprimere la propria opinione.
Quando entra nel mio studio la faccio accomodare e le chiedo cosa possa fare per lei. Comincia a piangere. Non smette. Cominciamo fin da subito a stimolare i punti, le spiego cosa stiamo facendo, e lei continua a piangere. Le dico che non è necessario che mi spieghi le cose nel dettaglio, ma non smette di piangere. Non riesce proprio a parlare. Così dico per lei le frasi di Logosintesi (logosintesi surrogata) su “questa difficoltà di parlare”. Comincia a calmarsi, aggiungo un po’ di PET sul fatto che sono finiti i fazzoletti e lei ha il naso che gocciola e la tensione si scioglie. Comincia a parlare.
A quel punto cerco di capire cosa la fa piangere, chiedendole proprio se si tratta di un’immagine, un suono, una PAURA e lì faccio centro, perché ricomincia a piangere. Picchiettiamo. Quando si calma di nuovo le chiedo se riguarda qualcosa che ha già vissuto. Lacrime di nuovo. Sono costretta a fare molte domande, risponde solo si o no, non riesce ad aggiungere altro. Le chiedo se è un’immagine, un suono, una percezione. Mi fa segno che è un’immagine. Il dolore cresce. Uso la tecnica dello schermo lontano, quindi le faccio proiettare l’immagine in un ipotetico schermo del cinema e glielo faccio allontanare fino a quando le fa meno male. Picchiettiamo su quell’immagine e le chiedo di prendere un solo aspetto che la stressa (sempre tenendo lontano l’immagine). E’ una voce che dice delle parole precise. Le chiedo da dove arriva, lo stress sulla SUDS è 10. Facciamo Logosintesi sulle parole che arrivano da davanti, riesce a dire le frasi da sola. Di nuovo le parole la stressano ora 9. Ripetiamo logosintesi e si calma. Mi dice che non le danno più fastidio. Faccio qualche prova per capire se è davvero così, le ripeto più volte, uso un po’ di PET e davvero non la stressano più.
In tutto ci vediamo 6 volte, con lo scopo di fare in modo che il pianto non sia più la sua modalità di esprimersi. Ogni volta piange sempre meno, nel corso delle sessioni si esprime sempre di più con le parole.

I giri fatti sono più o meno in questo senso:

anche se quando piango non parlo più
anche se non capisco quello che provo
anche se ho un turbinio di emozioni e non ci capisco più nulla
anche se sono proprio incasinata
mi apro alla possibilità
di accettare le mie emozioni
di riuscire a capirci qualcosa

Mi accorgo che se uso PET si esprime di più.
Abbiamo ricercato gli eventi significativi del suo pianto, a quando risalgono, alle convinzioni che si porta appresso rispetto al pianto.
Abbiamo trovato degli eventi risalenti al passato e li abbiamo sciolti con EFT. Le convinzioni che il pianto la aiuti a stare meglio (di fatto non vera, lei stessa se ne rende conto), e i vantaggi di questa modalità (a volte ottiene ciò che vuole così).
Abbiamo quindi in ultima battuta lavorato sulla familiarità che sente rispetto al pianto. Il pianto su una scala 0-10 come modalità di comunicazione le è familiare 9. Lei stessa, con un lavoro di PNL unita ad EFT, sceglie di rendere invece familiare “dire la mia opinione”. Facciamo giri di EFT su questa familiarità, tipo:

anche se mi è familiare piangere
anche se mi è utile piangere
anche se piango da sempre
anche se non so come sia non piangere
anche se mi sembra ovvio piangere
anche se mi spiace cambiare modalità perché quella nuova non la conosco
mi apro alla possibilità di
esprimere con le parole ciò che penso
di provare solo in parte a sentire familiare esprimere le mie opinioni

Quando esce dallo studio per la penultima volta la familiarità di piangere è ancora a 8.
Mettiamo la familiarità di piangere nel cassetto (Cas-set).
Quando ci rivediamo per l’ultima volta testiamo la familiarità del pianto che è arrivata a 3.
Facciamo un ultimo lavoro per rendere familiare esprimere le opinioni e ci lasciamo fissando un appuntamento a distanza di un mese, ma risentendoci qualche giorno prima per vedere se serve ancora oppure no. Quando la richiamo, mi racconta un po’ della scuola, poi quando le chiedo dei pianti fa silenzio un momento. Mi risponde che non ci ha più pensato, che non piange più da quando ci siamo salutate l’ultima volta. Così ci ri-salutiamo definitivamente, il nostro percorso insieme è finito ed è iniziato il suo, da sola.

Paola Tranquillo

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